John Edward Williams (Clarksville, 29 agosto 1922 -Fayetteville, 3 marzo 1994) è stato un romanziere e poeta statutinetense. Ha vinto il National Book Awaard per la narrativa nel 1973 con il romanzo Augustus.

Oltre il torpore, l’indifferenza, la rimozione, quell’amore era ancora lì, solido e intenso. Non se n’era mai andato. In gioventù l’aveva dato liberamente, senza pensarci; l’aveva dato a quella conoscenza che gli era stata rivelata – quanti anni prima? – da Archer Sloane. l’aveva dato a Edith, nei primi, ciechi, folli anni del corteggiamento e del matrimonio. E l’aveva dato a Katherine, come se fosse stata la prima volta. Stranamente, l’aveva dato a ogni momento della sua vita, e forse l’aveva dato più pienamente proprio quando non si rendeva conto di farlo. Non era una passione della mente e nemmeno dello spirito: era piuttosto una forza che comprendeva entrambi, come se non fossero che la materia, la sostanza specifica dell’amore stesso. A una donna o una poesia, il suo amore diceva semplicemente: Guarda! Sono Vivo!

Stoner è, in qualche modo, una felice contraddizione letteraria. Un romanzo di formazione per adulti e non per l’adultità. Non accompagna il lettore attraverso le vicende del protagonista, in questo caso William Stoner, verso la comprensione dell’età adulta ma, bensì, è un’àncora di riflessione per chi già si trova nell’età adulta. Forzando, ma non troppo, si potrebbe azzardare che la lettura di Stoner sta ad un quarantenne come quella de Il giovane Holden sta ad un adolescente. Un’iniziazione ad una stagione della vita.

Ed è l’amore il tratto dominante che caratterizza l’esistenza di William Stoner, un uomo qualunque, in cui facile è immedesimarsi. Un vita professionale trascorsa senza sussulti come dottore di ricerca presso l’Università del Missouri, un matrimonio che diventa formale convivenza dopo pochi mesi, pochi e rari gli amici. Un uomo che non si allontanò mai oltre centocinquanta chilometri dal piccolo paese di campagna dove nacque sul finire del XIX secolo. Gli eventi tragici e terribili che caratterizzarono la prima metà del Novecento – le due guerre mondiali e la Crisi del Ventinove – attraversati senza particolari sussulti. Stoner passa per il mondo senza esserne investito e senza immergersi in esso. Questo quello che appare. Ma è nelle sue viscere che la vita si trasforma nella ricerca di una strada che sia in grado di dare forma alla sua esistenza. Ed ecco, allora, che gli aspetti principali della sua e delle nostra esistenza, la professione, la famiglia, le amicizie, le passioni, in tutti questi ambiti, dapprima sommessamente, poi in pagine straordinariamente musicali John Williams rivela

[…] un’epifania di ciò che le parole possono far conoscere e che però non si può esprimere con le parole: proprio com’era accaduto a lui, durante la lezione di Archer Sloane.

Stoner non si arrende all’inautentico che caratterizza parte del suo mondo e, sino alla fine, senza gesti eclatanti, si interroga e si confronta con la vita che gli è data da vivere.

Ormai ricordava a malapena di aver pensato al fallimento, come se avesse qualche importanza. […]. La coscienza della sua identità lo colse con una forza così improvvisa, e ne avvertì la potenza. Era se stesso, e sapeva cosa era stato.