
Avevo cercato di avvicinarmi a certi umani (e soprattutto a certe umane, giacché all’inizio mi attiravano di più, ma di questo ho già parlato), insomma ritenevo di aver fatto un numero di tentativi normale, standard, nella media, ma per vari motivi (citati anch’essi) non si era concretizzato niente, niente mi aveva permesso di credere che avessi un posto per vivere, né un ambito, né un motivo per farlo.
Un romanzo, Serotonina, che si pone, in ordine temporale, come il settimo nella produzione di Houellebecq e che, nei tratti caratteristici, si può definire compiutamente houllebecquiano senza averne la tempra. Mi spiego. I temi, gli ingredienti, che si rincorrono nelle pagine del volume e in cui la voce narrante del protagonista, in prima persona, descrive il suo progressivo venir meno agli impulsi vitali generati dal vivere e dallo scontrarsi con i fatti della vita quotidiana, appartengono indubbiamente al repertorio letterario dell’autore francese.
Il sesso, la depressione strisciante, la progressiva estraneità – e l’estraniarsi fisicamente – ai presunti valori imposti-e-basta dal sistema economico e valoriale Occidentale, il lavoro e la professione di cui vede, percepisce, la ritualità stanca e ripetitiva nonché dannosa per una parte dei suoi concittadini – viene affrontato il tema delle difficoltà degli agricoltori della Normandia nel far fronte agli effetti perversi della globalizzazione economica, con echi di proteste riconducibili al movimento dei gilets jaunes – ebbene, i gangli della narrazione houellebecquiana sono presenti, preservati, ma è il tono del libro a lasciare perplessi. Perplessità che non deve intaccare quel dogma della letteratura contemporanea che postula che Houellebecq si legge a prescindere. Perché è un bravissimo scrittore, perché pochi come lui percepiscono e colgono il senso del tempo.
Detto questo, e ribadendo che, senza ombra di dubbio, Houellebecq è uno scrittore compiuto, che conosce il mestiere e ne palesa l’assoluta padronanza, ecco, forse in Serotina colpisce un certo manierismo di fondo. Manca il guizzo, quel guizzo, che dovrebbe, ad un certo punto, sparigliare una narrazione che pare già scritta e già incontrata in altre opere del genio d’oltralpe. Va da sé che Houellebecq si deve leggere senza se e senza ma. Seppur in questa circostanza, nelle pagine di Serotonina, i ma risultano preponderanti rispetto ai se.