Paolo Cognetti e il suo viaggio, incontri. Fotografia tratta dal blog dell’autore, Capitano mio Capitano. 

Camminare era la nostra missione quotidiana, la nostra misura del tempo e dello spazio. Era il nostro modo di pensare, di stare insieme, di attraversare il giorno, era il lavoro che i nostri corpi ormai facevano da soli.

Paolo Cognetti nella stagione dei suoi quarant’anni, lo scrittore milanese e montanaro valdostano d’adozione è nato nel 1978, è andato incontro alla stagione della vita che cambia, camminando per i sentieri del Nepal. Un viaggio di quelli seri, di come seri possono essere solo quelli che si intraprendono alle pendici dell’Himalaya. Una spedizione con tanto di sherpa e muli e tende e cucine da campo. Una piccola tribù, insomma, composta da poco meno di cinquanta anime, tra animali e persone, compresi due cari amici di Paolo, partita da Juphal alla volta del lago Phoksundo e per poi terminare a Kagbeni.

Un viaggio intrapreso per andare alla ricerca di quella che, l’autore, definisce la montagna autentica, un’entità ancora integra e libera dal colonialismo della città. E nei viaggi, quelli autentici, i compagni sono fondamentali, quasi quanto il viaggio in sé.

E in questo pellegrinaggio laico fatto di camminate e freddo e vento e polvere e ossigeno rarefatto che non arriva ai polmoni, intenti ad attraversare colli a cinquemila metri d’altitudine e senza guadagnare – che parola terribile, guadagnare, che sottende una visione del mondo puramente economicista – nessuna vetta, Cognetti è accompagnato da un amico molto particolare, una sorte di Virgilio della Commedia. È Peter Matthiessen, autore de Il leopardo delle nevi edito nel 1978…la casualità. Libro portato nello zaino da casa, necessario al viaggio perché, come ben sanno i montanari, nello zaino il superfluo è bandito. E come Virgilio, Peter, per il tramite del suo libro letto da Paolo durante le notti in tenda, disvela e aggiunge significati alla ricerca della montagna autentica. Arricchisce, se possibile, di sfumature e di elementi ulteriori la ricerca in cammino, tanto per i sentieri e le valli himalayane quanto dentro se stesso. Un andare che si conclude con quello che Cognetti riassume nel non-vedere descritto da Matthiesssen.

Mi lasciavo indietro qualcosa di non visto e non toccato, ma c’ero arrivato vicino da sentirne la presenza. Ecco quello che si prova scendendo dalla montagna.