
Bucky non riusciva ad accettare che l’epidemia di polio fra i bambini di Weequahic e del campo di Indian Hill fosse stata una tragedia. Doveva trasformare la tragedia in colpa. Doveva trovare una necessità a quanto accaduto. C’è un’epidemia e lui ha bisogno di trovarne la ragione. Deve chiedere perché. Perché? Che si tratti di qualcosa di insensato, contingente, incongruo e tragico non lo soddisfa. Che si tratti del proliferare di un virus non lo soddisfa. Cerca invece disperatamente una causa più profonda, questo martire, questo maniaco del perché, e trova il perché o in Dio oppure in se stesso oppure, misticamente, misteriosamente, nel loro letale fondersi nell’unico distruttore.
Un anno, il 1944. Un luogo, Weequahic, la zona ebraica di Newark. Un evento, l’epidemia di poliomielite che colpì la cittadina nell’estate di quell’anno, e in particolar modo il quartiere italiano e quello ebraico. Questi tre elementi sono la premessa tematica grazie alla quale Roth racconta la storia e le traversie di Bucky Cantor, insegnante di educazione fisica della scuola di Chancellor Avenue e animatore del campo giochi estivo in cui sarebbe poi dilagata l’epidemia di polio fra i ragazzi.
Nemesi ovvero quando il titolo del romanzo coglie il senso ultimo dell’opera. Roth racconta il dilagare dell’epidemia e dell’umana tragedia di uomo, l’insegnante Bucky Cantor, che si è considerato colpevole, per il resto della sua vita. Colpevole di essere stato il tramite tra il virus e i ragazzi con i quali era entrato in contatto e quindi, in qualche modo, responsabile dell’epidemia. Colpevole senza alcun motivo e senza alcuna responsabilità o, quanto meno, responsabile come chiunque altro, in quella torrida estate, fosse entrato in contatto con il visus della poliomielite e, per questa via, si fosse inconsapevolmente tramutato in un veicolo del virus medesimo. Ecco, Nemesi è il racconto di un conflitto interiore che lacera l’anima un uomo, facendone brandelli, tra il suo spiccato senso del dovere, proteggere i ragazzi che aveva in affidamento, e un evento, l’epidemia, che per sua natura lo sovrastava e alla quale Bucky non riuscì a contrapporre un sano buon senso, accettando in qualche modo la tragedia dell’estate del 1944 come una maligna assurdità della natura, ma bensì trasformandola in un crimine a suo carico. E sarà per espiare questo crimine mai commesso che Bucky sacrificherà la sua intera esistenza, lavorativa e sentimentale.
La nemesi, la personificazione nella mitologia greca e latina della giustizia distributiva ovvero la giusta compensazione punitiva alle vicende umane con carattere di ineluttabile fatalità. La nemesi che Roth, abilmente, ribalta in una delle tante giustificazioni morali utilizzate dall’uomo per rinunciare a diventare quello che è destinato a diventare fin dal principio, richiamando per questa via Jung e il processo di individuazione.