Natalia Ginzburg, Palermo 1916 – Roma 1991.

Le grandi virtù sgorgano da un istinto in cui la ragione non parla, un istinto a cui mi sarebbe difficile dare un nome. E il meglio di noi è in quel muto istinto: e non nel nostro istinto di difesa, che argomenta, sentenzia, disserta con la voce della ragione. 

L’educazione non è che un certo rapporto che stabiliamo fra noi e i nostri figli, un certo clima in cui fioriscono i sentimenti, gli istinti, i pensieri. Ora io credo che un clima tutto ispirato al rispetto per le piccole virtù, maturi insensibilmente al cinismo, o alla paura di vivere. 

Il libro Le piccole virtù di Natalia Ginzburg è una composta e composita raccolta di saggi dal sapore vagamente moraleggiante, di ritratti – intimo e delicato Ritratto d’un amico in ricordo di Cesare Pavese – di formazione nella sua accezione più piena e nobile. Il volume venne pubblicato il 12 novembre del 1962, casa editrice Einaudi…chi altri, sennò, vista la storia personale dell’autrice. Ecco, storia personale e scrittura in Ginzburg sono strettamente intrecciati, annodati, impossibile disgiungerli l’uno dall’altra. Moglie di Leone Ginzburg, martire azionista – ed einaudiano – della Resistenza, Natalia nel suo compimento consapevole di scrittrice sarà tutta senso fisico delle esperienze morali come ebbe a dire Italo Calvino, altro grande einaudiano. In lei, nella sua scritttura, nulla vi è di astratto…la morale, che pure potente emerge dalle sue pagine, è precipitato chimico e fisico, materia viva, data dall’aderenza alla realtà o – anche – verità della realtà come giustamente ha sottolineato Domenico Scarpa nella sua introduzione al libro. 

Ecco, Le piccole virtù è un libro di memorie e riflessioni, di formazione e formazione all’adultità, alla vita adulta, a scoprire la nostra vocazione e a condannare quelle piccole virtù – che il libro denuncia, in un gioco ironico con il titolo – che poco o a nulla servono – se non ad arrecare danno – se prive di quelle grandi virtù che tutte le contengono e le mitigano.