
La gente è stanca. Stanca dei cancelli intasati delle fabbriche, ma non ci sono più neanche quelle perché guarda dove lavorano ora: a scavare buche per rimediare gli ultimi residui di metallo. Stanca dei cambiamenti, stanca del mondo che gli passa davanti, stanca dell’altra gente che si prende le cose che tu e altri come te hanno fatto per loro, stanca che le si dica che sono dei buoni a nulla, stanca di sentir ripetere che quello che si credeva giusto era sbagliato, stanca di sentirsi ripetere di smetterla di lamentarsi, stanca di sentirsi dire cosa mangiare, cosa buttare, cosa fare e cosa non fare, cosa era giusto e cosa era sbagliato, tanto aveva sempre torto. Stanca di lavori da commessi nei supermercati, da magazzinieri e da guardiani nei centri commerciali. Il lavoro ha sempre consumato la gente, il calore degli altoforni, il fragore del metallo, ma questa stanchezza è diversa: è una stanchezza che il riposo non cura, è come una pestilenza che se li mangia da dentro.
il taglio è un viaggio nelle viscere della terra di mezzo inglese alla viglia del referendum sulla Brexit. Per l’esattezza nella cittadina di Dudley, nel Black Country, terra da cui proviene l’autore, Anthony Cartwright. Un libro che è un viaggio negli umori, nelle contraddizioni che animano donne e uomini sconfitti dalle ricadute della globalizzazione industriale e finanziaria, un esercito di reduci allo sbando e in rotta di quella che era la working class. Generazioni di uomini e donne, di padri e madri e figli e figlie, che hanno contribuito a edificare una società, un lavoro e una cultura del lavoro, che nel breve volgere di pochi anni sono diventati obsoleti, inutili orpelli antiquati travolti dalla nuova ricchezza dei grattaceli quatarioti e dai nuovi disperati migranti. Un mondo in cui i punti di riferimento ideali e sociali, in ultimo termine economici, si sono sgretolati determinando l’estinzione dei valori che caratterizzavano l’uomo oeconomicus. Uomini e donne di cui la cosmopolita Londra pare vergognarsi. Ed ecco la faglia, il taglio, tra due mondi inconciliabili perché estranei l’uno all’altro. Un mondo, quello dei deboli, che si sente respinto verso la povertà e la consegna del silenzio, ghettizzato, la cui unica voce pare essere quella di dare un segno, per esserci solo per esserci, un vampata imbevuta di rabbia e disperazione, la cabina elettorale come detonatore. Una ribellione cieca, disperata, una rabbia che scorre come veleno senza antidoto nel corpo flaccido di un continente abbandonato a se stesso. Una disperazione che si accompagna, nel romanzo di Cartwright, alla storia d’amore tra due rappresentanti di questi mondi inconciliabili.
Una lettura indispensabile, il taglio, una reazione, tra le altre, della letteratura britannica, insieme al Coe di Middle England, che non si sottrae dall’impegno di indagare cause e nodi irrisolti dei tempi che ci sono dati da vivere.