
Un libro corale, a più voci, come una sinfonia, che racconta l’uomo e lo sportivo Fausto Coppi. Questo è Il suo nome è Fausto Coppi di Maurizio Crosetti, raffinata penna del giornalismo sportivo italiano.
Una Spoon River in cui viene narrata la vita di un solo uomo, e uomo solo, che giace sepolto sulla collina di San Biagio, a Castellania. Pagine in cui la prosa e la poesia si rincorrono e che ricordano un uomo morto giovane, e la cui morte si tramuta, nel tempo, al pari di una condanna, nelle parole di chi gli è sopravvissuto e gli era intimo. L’ espediente narrativo utilizzato da Crosetti, permette di dar voce allo struggimento e al senso di colpa di uomini e donne rimasti soli, soli senza Fausto.
Ecco, la solitudine ed il senso di colpa sono i due estremi “sentimentali” attraverso cui Crosetti abilmente fa oscillare la narrazione dei sopravvissuti a Coppi. La colpa di essere sopravvissuti al mito, schiacciati dal fantasma dell’uomo solo al comando che, inevitabilmente, li rincorrerà per il resto dei loro giorni. E vengono in soccorso le pagine del libro in cui il rivale per eccellenza di Coppi, Gino Bartali, ricorda, grazie all’elaborazione letteraria di Crosetti, l’avversario.
Lui era unico e anche la sua morte è stata unica, andarsene in quel modo e lasciarmi qui da solo. Per tutto il tempo, dopo, mi hanno soltanto chiesto di Fausto. La mia disgrazia è stata sopravvivergli. Non te lo perdono, amico mio.
Soli nel ricordare a se stessi e nel testimoniare di fronte al mondo la grandezza e le fragilità del campione anzi, del Campionissimo. Un libro non scontato, visto l’argomento ed il tema trattato, il racconto di Coppi nel centenario della nascita, già oggetto di numerose pubblicazioni. Crosetti, con questa prova letteraria, si conferma giornalista e scrittore di vaglia, degno erede dei cantori che lo hanno preceduto e che hanno contribuito a fare la storia anche culturale, perché no, per mezzo della narrazione dello sport, delle vicende del nostro Paese.