Ilaria Capua (Roma, 21 aprile 1966) è una veterinaria e virologa italiana nota per i suoi studi sui virus influenzali – in particolare quelli sull’influenza aviaria. È stata tra le prime studiose a dare il là allo sviluppo della cosiddetta “scienza open source“, con l’intenzione di permettere il libero accesso ai dati sulle sequenze genetiche dei virus influenzali.

Every clouds has a silver lining

Ogni nuvola ha una cornice d’argento. Questo motto di Ilaria Capua definisce meglio di ogni altra riflessione l’approccio, la visione generale, della studiosa italiana. Il dopo è un agile saggio in cui alla narrazione sulla genesi, probabile, e circolazione del virus SARS-CoV-2, fanno seguito una serie di riflessioni sulle opportunità che tale evento racchiude.

Dubito che tutto potrà mai riprendere a muoversi nello stesso modo perché, secondo me, stiamo vivendo un «cigno nero»: un evento raro, imprevedibile e dall’impatto enorme, in grado a sua volta di generare ramificazioni inaspettate, talvolta sorprendenti.

Ecco, la riflessione, il ripensare le basi su cui costruire il mondo nuovo post-pandemia è la sfida che lancia Capua. E se ripensare il dopo, elaborare una cultura altra che sia in grado di armonizzare la presenza dell’uomo con la natura che lo circonda e di cui fa parte – e di cui non è padrone, e bene ricordarlo – è cammino lungo, ciò non implica un’ accettazione passiva e impaurita dell’oggi.

Al contrario, ora più che mai è giunto il momento di imprimere una svolta all’agire concreto, articolandolo su alcune parole cardine: preparazione, responsabilità, tecnologia e sanità pubblica. Per ognuna di queste, Capua definisce un possibile aggiornamento alla luce delle criticità sollevate dalla diffusione del Co-V-2 e individua un minimo comune denominatore, ovvero il passaggio dal singolo – dall’individuo, dai laboratori di ricerca sino allo stato nazionale – al collettivo, al sovranazionale. E questo è da intendersi non come risposta ideologica o dogmatica ma, al contrario, come unica strada percorribile di fronte alla sfida di un virus che della globalizzazione ha fatto il suo vettore di diffusione principale.

Un libro che è anche speranza, alla luce delle enormi potenzialità tecnologiche di cui dispone l’umanità. Insomma, un no surrender per il futuro che già oggi stiamo vivendo.

Cosa resta da fare allora a livello sociale, collettivo?

Resta da restituire alla scienza il suo ruolo centrale nella conoscenza, ricordandosi che proprio a questa branca del sapere dobbiamo la salute, una gestione responsabile e un’uscita intelligente da una minaccia globale come una pandemia. […] . La scienza è dialogo, è confronto, è costruzione. È narrazione: è la dorsale della storia dell’umanità.