Ilaria Cucchi, 22 giugno 1974 Roma.

Provo dunque a riformulare la domanda chiave: di cosa è morto Stefano? Io sono un tipo pragmatico e dico che se noi sganciamo la sua morte da quanto è accaduto nei sotterranei di questo palazzo di giustizia, che resta? Restano la sua malattia e il suo rifiuto di alimentarsi e idratarsi. Dunque, concludo, Stefano si è suicidato! Si è suicidato al Pertini come si sarebbe suicidato a casa sua!

Carlo Bonini, formidabile esempio di giornalista d’inchiesta e firma de la Repubblica, racconta ne Il corpo del reato un’ingiustizia. Meglio, l’assenza stessa dell’idea di giustizia, il suo venir meno, di più, la sua negazione fino alle estreme conseguenze…la morte per ingiustizia.

L’assassinio di Stefano Cucchi, perchè è di un omicidio che si racconta, è ancor più doloroso poichè il crimine è il risultato combinato tanto della violenza gratuita – un pestaggio di tre uomini con la divisa dell’Arma, esercitato sul corpo di un ragazzo alto poco più di un metro e sessanta e che pesava all’incirca cinquantaquattro chilogrammi – quanto della sciatteria, dell’ignavia, con cui Stafano è stato non accudito dal personale sanitario, non trovo il termine, ecco, forse abbandonato, nella sua lenta agonia all’ospedale Pertini di Roma.

In certe vite vissute di dolore, intrise di errori e debolezze, come è stata la vita di Stefano, il lieto fine è un’opzione che non è data da esercitare. Non è semplicemente prevista. Indigna e macchia le nostre istituzioni, la sua morte, e dovrebbe interrogare noi tutti che si possa morire ancora oggi in Italia come è morto Stefano Cucchi, e altri ragazzi prima e dopo di lui. Indigna ancor di più, se possibile, l’assenza di una legislazione sul reato di tortura. E allora, che fare? Dove trovare risposte all’assenza di giustizia? Ecco, una seppur parziale speranza la si può rintracciare nella dignità dimostrata dalle famiglie di chi ha patito la morte di un caro per mano – o sciatteria – di chi avrebbe dovuto custodire e proteggere, anche da se stesso, il debole…quello che ha il nome scritto a matita all’anagrafe…e non ci devono più essere nomi che è un attimo cancellare. Ecco, questo libro ci ricorda che Stefano, e il suo Corpo unico testimone, non sono stati cancellati.