
Dalle viscere del Brasile. Con la sua faccia da galeotto, le spalle da lottatore e le cosce di fuoco, quel meticcio di sangue nero e indiano, assomiglia ai suoi fan. Semplice, creativo, allegro, un giorno anche lui sarà sfruttato dai suoi datori di lavoro.
Olivier Guez ha utilizzato “l’escamotage Garrincha” per scrivere Elogio della finta, un agile libro in cui si raccontano le molteplici anime e passioni che agitano come febbre il Brasile e i brasiliani. Il calcio, ovviamente, e il suo futebol bailado, e la musica, la bossa nova. L’ anno cruciale è il 1958, vero spartiacque per le vicende umane e sportive nonché per l’identità profonda dei brasiliani. È l’anno della prima storica vittoria nella Coppa del Mondo di calcio, in Svezia, e delle giocate mirabolanti messe in mostra da Pelè e Garrincha, giocatori venuti da cielo in terra a miracol mostrare. Ed è anche l’anno, sempre il 1958, in cui esce il primo disco di bossa nova, Bim Bom di João Gilberto. In comune, gli artisti che si esibiscono sul rettangolo di gioco e i chitarristi della bossa hanno la capacità di improvvisare, la purezza nell’esecuzione e nello sfasamento del ritmo, una magica alchimia che esalta strumenti e giocatori.
Ed ecco, allora, che l’arte della finta, la capacità di uomini elastici di vezzeggiare la palla come se stessero danzando con la donna più bella del mondo si fonde, si unisce, con il ballo e la musica. Le anche che si muovono, il bacino che sensualmente ipnotizza con i suoi moti sussultori, l’andare ciondolante, lo sgusciare per ricomparire di fronte all’avversario o al compagno di ballo.
La finta, si diceva, che rimanda all’arte della finzione e dell’inganno, al gusto per il bel gesto estetico e che affonda le origini alle giocate dei primi giocatori meticci o di colore che affinarono questa arte, quella per l’appunto della finta, per schivare i colpi che i giocatori bianchi portavano alla loro figura e che molto raramente venivano puniti e sanzionati dai direttori di gara. Anche la finta, quindi, come un escamotage per sopravvivere e, come conclude l’autore, Il dribbling, l’essenza del Brasile.