
Esiste un posto dove non siamo di passaggio? Disorientata, persa, sbalestrata, sballata, sbandata, scombussolata, smarrita, spaesata, spiantata, stranita: in questa parentela di termini mi ritrovo. Ecco la dimora, le parole che mi mettono al mondo.
L’immagine che richiama la lettura di Dove mi trovo è quella di una donna, seduta ad un tavolino di un bar, avvolta nella luce di un tardo pomeriggio estivo, che si racconta. E lo fa in prima persona, si racconta disegnando brevi e sfolgoranti bozzetti, con mano ferma e decisa, immagini che racchiudono in un attimo unico e irripetibile il fluire del suo vivere quotidiano.
Questo è Dove mi trovo, romanzo scritto in lingua italiana da Jhumpa Lahiri – Premio Pulitzer per la narrativa nel 2000 – in cui la quotidianità, il rapporto fisico e carnale con la città in cui vive e la solitudine si rincorrono e si intrecciano e precipitano, dando senso e significato alla domanda che anima il libro. Il perché di quel dolore che è anche angoscia per l’imminente addio alla città amata e a quella quotidianità – protezione e rassicurazione dalle offese del mondo – fatta di mille incontri ed episodi, colori e sapori e odori.
E le pagine del libro accompagnano il lento dissolversi di questa figura femminile dalle sue stanze, dalle strade percorse, dai volti conosciuti e ormai famigliari, dalle sue abitudini.E come un’ombra, fredda e inanimata, l’addio lentamente va sostituendosi al calore, alla carnalità anche sensuale, di una donna e della sua vita.